Storia della donna più famosa d’Oriente: Yang Guifei, la femme fatale della Cina imperiale


Yang Guifei è una delle figure femminili più enigmatiche e controverse della Cina imperiale. Vissuta in un periodo di grave crisi politica e militare, questa giovane donna ha da sempre ammaliato i suoi compatrioti e i sinologi di ogni nazionalità, diventando la protagonista di canti, ballate e, in tempi più recenti, di serie televisive. Una vera femme fatale che grazie al proprio carisma e alla seducente bellezza giocò un ruolo cruciale nel destino delle dinastia Tang (618-907).



“Un suo sguardo, un suo sorriso valevano cento incantesimi.
Impallidirono di fronte a lei i belletti e le ciprie delle dame.
Alla fresca brezza di primavera si bagnò nel Laghetto Fiorito
e le sorgenti termali soffusero di rosa le sue candide membra. […]
Come nuvole erano i suoi capelli, come un fiore il suo viso,
il suo incedere flessuoso era comparabile allo sfavillio dell’oro”.



Così Bai Juyi (722-846), poeta di epoca Tang, nel suo componimento Changhen ge (Il canto del perenne rimorso) descrive la giovane concubina Yang Guifei (719-756).

Yang Yuhuan nacque nel giugno del 719 nell’odierna regione del Sichuan. Dopo la morte del padre, avvenuta quando era poco più che un’infante, Yang Yuhuan venne cresciuta dallo zio, finché a sedici anni sposò Li Mao 720/721-775), il diciottesimo figlio dell’imperatore Xuanzong (712-756).

All’età di diciannove anni, la giovane concubina conobbe l’imperatore Xuanzong, il quale rimase così profondamente colpito dalla bellezza della fanciulla da desiderare che diventasse sua moglie. L’imperatore spinse quindi la donna ad abbandonare il marito, entrando a palazzo in veste di monaca taoista. Tra i due ebbe inizio una relazione segreta, perdurata sette anni, che si consumò nelle stanze da letto del palazzo imperiale della capitale Chang’an.

Nel 745, Yang Yuhuan venne finalmente scelta dall’imperatore come concubina, non solo per la sua straordinaria bellezza, ma anche per le sue doti canore, la sua predisposizione verso la danza e la sua maestria nel suonare il pipa – strumento musicale a quattro corde appartenente alla famiglia dei liuti – venendo promossa al rango di guifei, il rango più elevato assegnato alle concubine imperiali. Divenuta la favorita dell’imperatore, Yang Guifei iniziò a condurre una vita all’insegna dell’agio e della stravaganza. La tradizione vuole che la giovane amasse i litchi a tal punto che l’imperatore, ogni notte, inviava dei messi nel sud della Cina affinché acquistassero questi frutti per appagare le richieste della sua amata. Tuttavia, fin dagli albori di questa relazione amorosa ella ebbe un’influenza nefasta sull’imperatore e sulla sua corte: in pochi anni molti dei suoi parenti acquisirono grande peso nella scena politica cinese.

Nel 752, Yang Guozhong (700-756), un suo secondo cugino, divenne Grande Consigliere, in un momento storico di grave crisi politica e militare. A partire dalla seconda metà degli anni Quaranta del 700, quando tale carica era detenuta da Li Linfu (683-753), le frontiere dell’impero vennero divise in zone di comando sotto il controllo di alcuni governatori militari, tra i quali vi era il generale di origine turco-sogdiana An Lushan (703-757), di stanza a Fanyang – una contea fondata nel 226 a.C. nei pressi dell’attuale Pechino – che godeva della protezione di Yang Guifei, da lei adottato come figlio.

L’anno precedente, l’esercito cinese acquartierato a Talas, città situata nell’odierno Kyrgyzstan, aveva subito una disastrosa sconfitta a opera degli Arabi che, spintisi verso Oriente, si erano impadroniti dei territori cinesi in Asia Centrale: la dinastia Tang aveva perso il controllo militare nel bacino del Tarim e quello commerciale di alcuni avamposti situati lungo la Via carovaniera della Seta. A nord-est, i Qidan, popolazione di etnia mongola, ebbero la meglio su un esercito condotto da An Lushan, mentre nel sud-ovest le milizie di stanza nelle regioni meridionali subirono una gravosa sconfitta ad opera delle truppe del regno di Nanzhao, un piccolo potentato sorto con il consenso imperiale per contrastare la potenza dei Tibetani.


Il 16 dicembre 755, An Lushan, con il pretesto di aver ricevuto un editto segreto da parte dell’imperatore Xuanzong che lo invitava a Chang’an per rimuovere Yang Guozhong dal suo incaricato, condusse le sue truppe a sud verso la capitale dell’impero.

I 150.000 ribelli guidati da An Lushan, nell’arco di trentatré giorni rasero al suolo la città di Kaifeng e conquistarono la città di Luoyang. Qui, in occasione del capodanno lunare del 756, An Lushan si proclamò imperatore e fondò la dinastia Yan.

I sostenitori dell’imperatore speravano che la ribellione potesse ancora essere sedata e Xuanzong, seguendo i consigli di Yang Guozhong, tentò di riconquistare la città di Luoyang. La campagna si rivelò un disastro e nel momento in cui le truppe di An Lushan cominciarono ad avanzare verso la capitale Chang’an, l’imperatore Xuanzong, la sua amata concubina Yang Guifei, il consigliere Yang Guozhong e un esiguo numero di dignitari fuggirono verso il Sichuan. Quando il 15 luglio 756 la comitiva giunse a Mawei, la scorta dell’imperatore guidata dal generale Chen Xuanli (?-762) si ammutinò e, incolpando della ribellione la concubina e il suo incapace cugino, uccise Yang Guozhong e chiese che anche Yang Guifei venisse giustiziata. Disperato, l’imperatore Xuanzong ordinò al capo degli eunuchi di strangolare la donna con un nastro di seta.

Bai Juyi attraverso una forte immagine evocativa racconta della morte della splendide Yang Guifei:

“Quando si fece tappa a trenta miglia dalle porte occidentali della capitale,
i soldati della guardia rifiutarono di proseguire e pretesero, implacabili,
che la bella dalle ciglia di falena venisse a morire dinanzi ai loro cavalli.
Caddero a terra gli splendidi monili intarsiati d’oro. Nessuno li raccolse.
Chi si curò delle piume smeraldine, degli uccellini dorati, degli spilloni di giada?
Il sovrano, disperato, si coprì il volto. Non poteva fare più nulla per lei.
Quando riaprì gli occhi, lacrime e sangue erano stati versati insieme,
arida polvere ricopriva il terreno ed il vento soffiava triste e desolato”.


Nel frattempo, mentre Xuanzong fuggì a Chengdu dove stabilì una corte in esilio, il principe Li Heng salì al trono come imperatore Suzong (756-762) e iniziò a organizzare l’opposizione e, nell’arco di pochi mesi, le città di Chang’an e Luoyang tornano nelle mani dei Tang. Nonostante l’assassino di An Lushan avvenuto nella notte del 29 gennaio 757 ad opera dell’eunuco Li Zhu’er, la ribellione fu completamente sedata solo nel 763.


Yang Guifei, la più famosa concubina della storia imperiale cinese, è spesso dipinta dalla storiografia del paese estremo orientale come la causa principale del declino politico e militare della dinastia Tang. La sua fama e la sua bellezza decantate nell’806 dal poeta Bai Juyi sono conosciute anche al di fuori della Cina: la sua vita è stata fonte di ispirazione per la storia giapponese Il racconto di Genji, un’operetta dell’XI secolo della scrittrice Murasaki Shikibu, che narra della storia d’amore tra un principe nipponico e una sua concubina.



LE LETTURE CONSIGLIATE:

L. Lanciotti, Letteratura cinese, Roma, ISIAO, 2007.
E. Masi, Cento capolavori della letteratura cinese, Macerata, Quodlibet, 2009.
J.A.G. Roberts, Storia della Cina. La politica, la realtà sociale, la cultura, l’economia dall’antichità ai giorni nostri, Roma, Newton Compton editori, 2009.
M. Scarpari, Antica Cina. La civiltà cinese dalle origini alla Dinastia Tang, Vercelli, White Star, 2004.