Rappresentano il cibo afrodisiaco per eccellenza, ma cosa ne sappiamo, realmente, in fatto di ostriche?


C’è chi le mangia crude, condite con appena una spruzzata di limone e accompagnate da un flute di champagne; chi, come i francesi, riesce a farne un assaggio sublime, servendole a mo’ di zuppa, cucinate al gratin, oppure presentate in salsa mignonette.

Forse non tutti sanno, però, che le ostriche vivono in colonie, ancorate ai fondali – fino ad una profondità di 40 metri – grazie ad una delle valve, che emette sostanze cementanti. L’habitat ideale è costituito dalle baie, che le maree lasciano praticamente scoperte e dove l’acqua salmastra ricopre un fondo prospero di plancton e alghe. Prima di arrivare sul mercato, stazionano nelle zone di riproduzione dai 3 ai 6 anni. Va detto, poi, che se ne distinguono due categorie, soggette alla forma del guscio. Oltre a quella tonda e piatta (francese), dal sapore delicato e armonico, se ne trovano a conchiglia rugosa, piuttosto stretta (portoghese) o più larga (giapponese), dal gusto intenso e pungente.
Ostriche e tradizione: i Romani pensavano che…

Fatto sta, il noto ‘cibo degli dei’, era già ampiamente apprezzato in epoca classica. Pensate, i Greci – addirittura – ne utilizzavano gli involucri durante le votazioni pubbliche. Al riguardo, scrive Plinio: “Le ostriche del Mar di Màrmara sono già più grosse di quelle di Lucrino, più dolci di quelle della Bretagna, più gustose di quelle di Medoc, più piccanti di quelle di Efeso, più piene di quelle spagnole… più bianche di quelle del Circeo; di quest’ultime è assodato che non ve ne sono di più dolci o più tenere.”

Gli antichi Romani, del resto, si rivelarono fini conoscitori del prodotto – e considerevoli consumatori – dotato, peraltro, di proprietà terapeutiche. Si consigliava, a tal proposito, di assaporarle coperte di neve, “mescolando così la sommità dei monti e la profondità del mare“.

Da saggiare cotte o crude, pare che il più rinomato rivenditore, tale Sergio Orata, le ricavasse dalle acque del Lago di Lucrino, nelle prossimità di Napoli.
Amate e vituperate

Nessuna traccia di seduzione, se non culinaria, fino al XV sec., quando Michele Savonarola – forse a causa della forma, che tanto ricorda i genitali – si sentì in dovere di mettere in guardia su quel che raffigurava una porta aperta alla dissolutezza.

Il medico, interrogato dal duca Nicolò III d’Este, rispose con le seguenti parole: “per far quell’atto ci vuole spirito e caldo che dal cuore viene, così come ci vuole la farina per fare il pane”, volendo chiarire che, per un amplesso degno, era necessario vigore, scarsamente influenzabile da quel che veniva ingerito. E se il Platina, famoso gastronomo del 1400 – alias Bartolomeo Sacchi – asseriva che: “…le ostriche sono fortemente afrodisiache e, come tali, molto apprezzate dai ricchi e dai lussuriosi“, l’illustre medico Baldassarre Pisanelli, a distanza di decenni, ne continuava ad elogiare le doti, promuovendone la degustazione “fresche, nei mesi con la erre“.
…poi fu la volta di Casanova

La convenzione del tempo voleva che venissero rosolate alla brace, guarnite con pepe ed altre spezie. Fu proprio Giacomo Casanova a promuoverne l’aspetto promiscuo, succhiandole ancora vive, direttamente da quella che potremmo definire carcassa. Un amatore, anche in questo senso. Leggenda vuole che ne divorasse, quotidianamente, svariate decine, adoperandole, peraltro, come strumento di corteggiamento.

“…per puro caso, un’ostrica che stavo per mettere in bocca ad Emilia sdrucciolò fuori dal guscio e le cadde sul seno. La ragazza fece il gesto di raccoglierla con le dita, ma io glielo impedii, reclamando il diritto di sbottonarle il corpetto per raccoglierla con le labbra, nel fondo in cui era caduta…
Lettore voluttuoso, prova e poi dimmi se non è quello il nettare degli dei“, si legge, tra le righe dei suoi scritti.

Ed ancora, in un suo libro descrive come insegnò a due giovanissime educande, tali Armellina ed Emilia, a passarsi le ostriche di bocca in bocca, senza che si perdesse l’acqua di mare, contenuta nelle valve. “Dovetti dare io l’esempio e così insegnai loro a introdurre da sole l’ostrica con tutto il sughetto nella bocca della persona di turno, infilandovi contemporaneamente la lingua, in tutta la sua estensione… ridendo, poi, convenivano con me che nulla poteva essere più innocente.“

Ed, in effetti, un fondo di verità esiste, dal momento che i molluschi presentano un alto contenuto di zinco, stimolatore degli ormoni e del testosterone. E’ vero, i miracoli non esistono. Ma stuzzicare la fantasia non costa nulla. Titilliamiola allora l’immaginazione, che in fondo si tratta di un gioco. I risvolti, beh… quelli, sono imprevedibili.